Il grande compositore di colonne sonore, pluri-candidato all’Oscar e vincitore di due Emmy, racconta a Players perché nel tempo libero non ascolta musiche create per il cinema e svela alcuni retroscena del suo percorso artistico: da un viaggio intimo e personale come comporre la musica di Viaggio in Inghilterra fino a una toccata e fuga in Malesia sul set di Anna and the King. E oggi che presenta il suo nuovo album, The Piano Framed, ci spiega perché non vuole abituarsi alla fama

 

Risponde al telefono da Londra, dove vive. Quando scopre che sono milanese, George Fenton esclama: «Amo Milano! Ci sono stato anche quest’anno… poco prima dell’inizio della pandemia». Pur essendo una firma musicale hollywoodiana, non ha perso lo humour e la discreta educazione British. Tant’è che, dopo la seconda domanda, mi sembra di conoscerlo da una vita. Nonostante le distanze (anche virtuali) restino un obbligo. Con cinque nomination all’Oscar all’attivo, oltre a due Emmy e tre BAFTA sulle mensole di casa, George Fenton è un protagonista di primo piano nel mondo della musica da film.

Da Gandhi a Grido di libertà, da C’è posta per te a Il vento che accarezza l’erba, sono più di cento i film per cui ha creato le colonne sonore in oltre quarant’anni di carriera, lavorando spesso con autori come Ken Loach, Richard Attenborough, Stephen Frears e Nicholas Hytner.

Da poche settimane i fan possono ritrovare alcuni dei suoi temi più famosi (fra cui quelli da Le relazioni pericolose, Anna and the King e dalla premiatissima docu-serie Il pianeta blu) nel nuovo album The Piano Framed. Ma in una nuova veste: affidati al pianoforte di Simon Chamberlain. Oltre che in digitale e su CD, Fenton ha voluto The Piano Framed anche in vinile, reperibile sul suo georgefenton.com.

 

L’ha definito un album molto personale. È nato da una sua idea?

Io ho avuto solo l’idea di fare un album con estratti delle mie colonne sonore riarrangiati. Ho fatto parecchie ricerche fra i miei spartiti e fra i film per cui ho creato la musica. E tutti i temi che ho selezionato mi sono sembrati molto adatti ad essere riscritti per pianoforte. In questo senso The Piano Framed è stato una mia idea.

 

La scelta di affidare i pezzi a Simon Chamberlain è stata naturale?

Siamo amici da anni. Gli ho semplicemente chiesto “Vuoi suonare alcuni dei miei temi? Posso mandarti gli spartiti”. Mi ha risposto “Mandami solo gli audio dei brani che hai scelto. Li ascolto e provo a riarrangiarli”. Non me l’aspettavo. Ha scelto alcuni pezzi e li ha trasformati in assoli per pianoforte, cercando di valorizzarli al massimo, poi è venuto da me e mi ha suonato quello che aveva adattato. Il primo che ha eseguito è stato il tema dalla colonna sonora di Eroe per caso: mi ha commosso. E ho pensato che avrebbe potuto venirne fuori un album molto particolare, davvero bello. Per il resto, ho solo dato a Simon suggerimenti su quali colonne sonore usare, ma non sono intervenuto molto sulle sue scelte.

 

George Fenton (a sinistra) e Simon Chamberlain al pianoforte © T. Kyle

 

Molti arrangiamenti rendono la musica più intima, quasi da meditazione.

Non volevo un album di genere, solo un album di pezzi di musica da film. Sono contento di aver in qualche modo esposto i miei temi musicali: li ho spogliati di tutto e li ho affidati a un solo strumento. È qualcosa che trasforma completamente l’esperienza di ascolto. L’ho detto più di una volta: quando ascolti The Piano Framed, hai la sensazione di essere seduto accanto a Simon mentre lui suona per te. Abbiamo registrato in modo semplice, accanto al pianoforte. Si possono sentire addirittura i respiri di Simon. Ha fatto un lavoro meraviglioso per cui continuo a ringraziarlo.

 

So che l’album è disponibile anche in vinile. Un supporto di cui molti subiscono il fascino d’antan, ma che a molti altri è ormai estraneo…

A me piace da sempre: il suono che fa il vinile è una sorpresa ogni volta. The Piano Framed si presta molto ad essere ascoltato così. Ma mi rendo conto del fatto che sempre più persone non amino avere supporti fisici per ascoltare la musica…

 

È sorprendente riascoltare la colonna sonora di C’è posta per te in una versione pianistica. Lei è inglese ma sembra che la città di New York abbia ispirato quella musica: è vero?

Certo. Nora Ephron è sempre stata una voce per New York così come lo è stato Woody Allen. Il suo sguardo sulla città ha qualcosa di autoriale. Se devi creare le musiche per un film come C’è posta per te non puoi non andare sul set: ho scritto tutta la colonna sonora a New York, è inevitabile sentirne la presenza fra le note. Ho cercato di creare quello che Nora avrebbe creato se avesse potuto scrivere da sola la musica per il film. Aveva anche già scelto alcune canzoni, come “The Puppy Song” di Harry Nilsson… e io conosco Harry molto bene, sono un fan della sua musica e ho sempre ascoltato le sue canzoni. Pensi a hit mondiali come “Everybody’s Talkin’” usata in Un uomo da marciapiede, o a “Without You”. Insomma, mi sono adattato alla location, al mood del film: non ho avuto restrizioni nel dargli una sorta di American feeling.

 

 

Quella di Viaggio in Inghilterra è forse la sua colonna sonora che ha fatto piangere e commuovere più spettatori. È basata anche su esperienze personali?

L’ho dedicata al mio vero, grande insegnante di musica: Peter Whitehouse. È stato lui a insegnarmi a suonare l’organo, da ragazzo, ed è stato importantissimo per la mia educazione musicale. Morì due anni prima che Viaggio in Inghilterra uscisse nelle sale… e tutto quello che mi ha insegnato è nella colonna sonora del film. Lui non era un sentimentale, anzi: era l’opposto! Eppure, nonostante stessi lavorando a Los Angeles in quel periodo e le musiche di Viaggio in Inghilterra siano state create lì, scriverle è stato come tornare a casa… una sorta di viaggio personale. Quando inizi a creare una colonna sonora devi usare mille attenzioni: non sai quanto il risultato sarà buono e quanto ne sarai soddisfatto, se parlerà agli spettatori, se diventerà qualcosa di veramente valido. Sei sempre in ansia all’inizio. Eppure ci sono progetti in cui la chimica fra la storia e le persone che ci lavorano crea un clima diverso: tutto funziona. Viaggio in Inghilterra è stato uno di questi.

 

Va spesso a lavorare sul set?

Molto raramente. Richard Attenborough mi ha voluto sul set di Viaggio in Inghilterra, ma molti altri registi preferiscono non avere il compositore durante le riprese. A volte è bene non saperne molto… scrivere la musica e poi vedere come funziona sulle immagini del film, che reazioni la combinazione può generare.

 

Non è andato in Malesia sul set di Anna and the King?

Sì, ma per ragioni diverse. Avevo programmato degli incontri con musicisti di Bangkok, stavo esplorando le possibilità di includere sonorità indigene nella colonna sonora. Sono stato sul set del film due o tre giorni, anche per essere educato e socializzare con la troupe… ma il mio obiettivo era Bangkok.

 

 

E gli incontri sono andati bene?

[Ride, ndr] Non è stato facile. La sensibilità musicale e la tecnica – le scale, le note… – sono molto diverse in quel tipo di musica. Possono funzionare, in una colonna sonora, se affidate a un singolo strumento, ma è difficile incorporarne lo stile nelle musiche di una produzione di Hollywood. Mi sono ispirato al gusto orientale soprattutto nell’uso delle percussioni: è un aspetto che credo abbia reso interessante la colonna sonora di Anna and the King.

 

Le musiche di Le relazioni pericolose sono uno dei suoi grandi successi. Ha ascoltato musica d’epoca prima di scrivere quella colonna sonora?

Ho usato molto Vivaldi e molto Bach. Quando ho composto la colonna sonora per il film ho cercato l’effetto che avrebbe potuto avere un’orchestra classica, dell’epoca, alle prese con la musica di Bernard Herrmann: volevo un tocco thriller, volevo la musica di Intrigo internazionale suonata da chi di norma suona Bach. Quella colonna sonora doveva adattarsi alla storia e al film in modo quasi liquido: non volevo niente di troppo impostato e completo in sè…

 

Le scale, le semi-crome… è come se rendessero visibile un senso di accerchiamento psicologico. Anche quando si ascolta l’estratto suonato al pianoforte in The Piano Framed.

Era uno dei miei obiettivi. Simon ha voluto da subito Le relazioni pericolose nell’album. Mi sono chiesto come avrebbe fatto: aveva scelto un tema difficilissimo da adattare e da suonare… tutte quelle note! Eseguirle con la destra e suonare la melodia con la sinistra è un infermo. Sarebbe stato più semplice eseguire quel brano in due, a quattro mani. Ma Simon è fenomenale! Sono contento abbia insistito per inserire quella colonna sonora nell’album, è particolare e ha un mood diverso da tutti gli altri temi.

 

George Fenton © C. Waite

Ascolta molta musica classica?

Quando fai musica da film, la cosa più salutare è non ascoltare musica da film. E i classici sono un’ottima alternativa. Amo Bach, Vivaldi, praticamente tutta la musica del loro periodo. Quando ho lavorato alla colonna sonora di La pazzia di Re Giorgio ho adattato molti brani di Händel: ho ascoltato quasi tutto di Händel in quel periodo, posso definirmi un suo fan. Ma mi piacciono parecchio anche Strauss e Mahler. Shostakovich è un altro grande che ascolto spesso.

 

Che effetto le fa sentire la sua musica in occasione di eventi, o alla radio… quando non se lo aspetta?

Quando scrivi musica da film dovresti essere contento del fatto che ciò che crei accompagni un film e che funzioni. La fama, tutto il resto… è una sorta di bonus cui è bene non abituarsi troppo, va considerato un regalo. Ma è sempre un’emozione sapere che la gente apprezza la mia musica.

 



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